Abbiamo ricevuto dal nostro consigliere
Salvatore Mare i dati in forma tabulare delle rilevazioni effettuate dalla
centrale mobile dell’Arpac posizionata per 2 settimane a Piano di Sorrento in
piazza Cota. Per rendere i dati maggiormente fruibili di seguito
forniamo una spiegazione dei singoli agenti inquinanti con i relativi limiti di
legge e, per ognuno di essi, un grafico che riporta le ultime 250 rilevazioni
sulle circa 300 effettuate. Come fonte delle informazioni generali abbiamo
utilizzato il sito dell’ARPA del Friuli Venezia Giulia. I dati, seppur
incompleti rilevano comunque la presenza di agenti inquinanti nell’aria che
respiriamo in penisola. Anche se nel breve periodo oggetto dei rilevamenti non
sono stati sforati i limiti di legge, resta comunque evidente che un
monitoraggio continuo sarebbe auspicabile se non necessario per la salvaguardia
della salute di tutti i residenti.
Il biossido di azoto (NO2)
Definizione e fonti principale
Il biossido di azoto è una molecola fortemente reattiva composta da un
atomo di azoto e da due atomi di ossigeno. Proprio in quanto fortemente
reattiva entra in numerose reazioni chimiche che portano alla formazione di
altri inquinanti, tra i quali l’ozono. Il biossido di azoto si forma in
ambienti ad alta densità energetica (alte temperature), come ad esempio nelle
combustioni di origine antropica, ma anche all’interno dei fulmini.
Per quanto riguarda la combustioni, in particolare, il biossido di azoto di forma soprattutto in condizioni di alta disponibilità di ossigeno rispetto alla disponibilità di combustibile. In queste condizioni l’ossigeno disponibile, favorito dalle alte temperature, si lega alle molecole di azoto, abbondantemente presenti nell’aria, dando origine prima al monossido di azoto e, in seguito, al biossido di azoto.
Proprio per queste sue caratteristiche, il biossido di azoto viene prodotto soprattutto dal traffico, il particolare dai motori Diesel, e dalle centrali di produzione di energia elettrica. Dato che la maggior parte del biossido di azoto (NO2) nasce come monossido di azoto (NO), un rapporto NO/NO2 alto è un indicatore di vicinanza alle sorgenti che lo emettono.
Per quanto riguarda la combustioni, in particolare, il biossido di azoto di forma soprattutto in condizioni di alta disponibilità di ossigeno rispetto alla disponibilità di combustibile. In queste condizioni l’ossigeno disponibile, favorito dalle alte temperature, si lega alle molecole di azoto, abbondantemente presenti nell’aria, dando origine prima al monossido di azoto e, in seguito, al biossido di azoto.
Proprio per queste sue caratteristiche, il biossido di azoto viene prodotto soprattutto dal traffico, il particolare dai motori Diesel, e dalle centrali di produzione di energia elettrica. Dato che la maggior parte del biossido di azoto (NO2) nasce come monossido di azoto (NO), un rapporto NO/NO2 alto è un indicatore di vicinanza alle sorgenti che lo emettono.
Effetti sulla salute
Proprio in quanto fortemente reattiva, la molecola di biossido di azoto è
un agente irritante. Esplica questa azione a livello delle mucose delle vie
respiratorie, sia a livello nasale che bronchiale ed è inoltre precursore, in
presenza di forte irraggiamento solare, di una serie di reazioni secondarie che
determinano la formazione di tutta quella serie di sostanze inquinanti note con
il termine di “smog fotochimico”. l biossido di azoto può anche dare origine ad
acido nitrico (HNO3) e, sotto questa forma, contribuire all’acidificazione
delle piogge e degli specchi d’acqua.
I valori di riferimento
Per il biossido di azoto, la normativa italiana ed europea individua tre
livelli di riferimento a tutela della salute umana, i quali non andrebbero mai
superati. Questi livelli sono:
* concentrazione media annuale NO2 di 40
µg/m3
* 18 giorni all’anno in cui la
concentrazione media oraria di NO2 risulta superiore a 200 µg/m3
* 3 giorni all’anno in cui la concentrazione media oraria di NO2 risulta
superiore a 400 µg/m3 (soglia allarme)
Il monossido di azoto, pur essendo a tutti gli effetti un inquinante, non ha dei limiti di legge associati, in quanto è caratterizzato da tempi di vita medi molto bassi e soprattutto risulta meno irritante del biossido di azoto. Per quanto riguarda la tutela della vegetazione, invece, il limite fissato dalla vigente normativa si riferisce agli ossidi di azoto totali (NO NO2, espressi come NO2) la cui concentrazione media annuale non deve superare i 30 µg/m3.
NOTA: Poiché il biossido di azoto è un gas, la sua densità, quindi concentrazione, dipende dalla temperatura e pressione. Per questo motivo le concentrazioni rilevate in aria ambiente debbono essere riportate ad un livello “normale”, definito convenzionalmente da una temperatura di 20 °C e da una pressione di 1013,25 hPa (un’atmosfera).
Il monossido di carbonio (CO)
Il monossido di carbonio (CO),
noto anche ossido di carbonio è uno degli inquinanti atmosferici più diffusi.
E’ un gas tossico, incolore,
inodore e insapore che viene prodotto ogni volta che una sostanza contenente
carbonio brucia in maniera incompleta. E’ più leggero dell’aria e diffonde
rapidamente negli ambienti.Come l’ anidride carbonica (CO2) deriva
dall’ossidazione del carbonio in presenza di ossigeno.
La sua presenza è quindi legata
ai processi di combustione che utilizzano combustibili organici. In ambito
urbano la sorgente principale è rappresentata dal traffico veicolare per cui le
concentrazioni più elevate si riscontrano nelle ore di punta del traffico.
Il principale apporto di questo
gas (fino al 90% della produzione complessiva) è determinato dagli scarichi dei
veicoli a benzina in condizioni tipiche di traffico urbano rallentato (motore
al minimo, fasi di decelerazione, ecc.): per questi motivi viene riconosciuto
come tracciante di inquinamento veicolare.Tra i motori degli autoveicoli,
quelli a ciclo Diesel ne emettono quantità minime, in quanto la combustione del
gasolio avviene in eccesso di aria.
Minore è il contributo delle
emissioni delle centrali termoelettriche, degli impianti di riscaldamento
domestico e degli inceneritori di rifiuti, dove la combustione avviene in
condizioni migliori con formazione di anidride carbonica.
Altre sorgenti significative di
CO sono le raffinerie di petrolio, gli impianti siderurgici e, più in generale,
tutte le operazioni di saldatura.
E’ infine presente in concentrazioni
significative nel fumo di sigaretta ed è un pericoloso inquinante prodotto nel
corso di incendi.
E’ definito un inquinante
primario a causa della sua lunga permanenza in atmosfera che può raggiungere i
quattro - sei mesi e proprio per questo motivo può essere utilizzato come
tracciante dell’andamento temporale degli inquinanti primari al livello del
suolo.
Mentre gli effetti
sull’ambiente sono da ritenersi sostanzialmente scarsi o trascurabili,
relativamente agli aspetti igienico-sanitari è da rimarcare l’elevata affinità
(circa 240 volte superiore a quella per l’ossigeno) che questo gas dimostra nei
confronti dell’emoglobina con formazione di un complesso estremamente stabile
(carbossiemoglobina).
Considerando che l’emoglobina è
la molecola organica deputata nell’uomo al trasporto dell’ossigeno ai vari
organi e tessuti, è evidente come in presenza di elevate concentrazioni di CO,
alcune fasce di popolazioni quali neonati, cardiopatici, asmatici e più in
generale le persone anziane possano incorrere in alterazioni delle funzioni
polmonari, cardiache e nervose, effetti questi conseguenti ad una verosimile
azione tossica del composto sugli enzimi cellulari che inibiscono, per questa
via, la respirazione.
Cefalea e vertigini sono
generalmente riconosciuti come i primi sintomi di avvelenamento da tale
composto chimico: ulteriori e successivi effetti fisiopatologici sono le
alterazioni psicomotorie con diminuzione della vigilanza, dell’acuità visiva,
della capacità di apprendimento e dell’esecuzione di test manuali.
Recenti studi epidemiologici
hanno infine dimostrato l’associazione causale tra aumento delle concentrazioni
di CO ed incremento della mortalità giornaliera totale, di quella specifica per
malattie cardiovascolari e respiratorie a breve termine.
Ai sensi della normativa
vigente (D.M. 2 aprile 2002 n.60 e D.P.C.M. 28.03.1983, all.I tab.A) i valori limite per la protezione della
salute umana sono rispettivamente: * 40 mg/m3 (concentrazione massima oraria);
* 10 mg/m3 (concentrazione media massima trascinata sulle 8 ore).
L'ozono (O3)
L'ozono a livello del suolo - da non confondere con lo strato di
ozono nell'atmosfera superiore - è uno dei principali componenti dello smog
fotochimico. E' formato dalla reazione con la luce solare (reazione
fotochimica) di inquinanti come gli ossidi di azoto (NOx) nelle emissioni
da veicoli e industria e di composti organici volatili (COV) emessi dai
veicoli, solventi e l'industria. I più alti livelli di inquinamento da ozono si
verificano durante i periodi di tempo soleggiato.
Effetti sulla salute
Un'eccessiva quantità di ozono nell'aria può avere un profondo
effetto sulla salute umana. Può causare problemi respiratori, asma grilletto,
ridurre la funzione polmonare e causare malattie polmonari. In Europa è
attualmente uno degli inquinanti atmosferici più problematici. Diversi studi
europei hanno riferito che la mortalità giornaliera aumenta del 0,3% e quella
per malattie di cuore dello 0,4%, per l'aumento di 10 µg/m3 dell'esposizione all'ozono.
I valori di riferimento
Per l'ozono, la normativa italiana ed europea individua tre
livelli di riferimento da utilizzare per la tutela della salute umana.
Questi livelli sono:
* soglia di allarme -
media oraria di 240 ug/m3
* soglia di informazione -
media oraria di 180 ug/m3
* valore obiettivo - media
trascinata su 8 ore di 120 ug/m3
Per quanto riguarda il
valore obiettivo, esso non dovrebbe essere superato in piu' di 25 giorni
durante un anno solare.
Il benzene
Il benzene è un idrocarburo che si presenta come un liquido
volatile, in grado cioè di evaporare rapidamente a temperatura ambiente,
incolore e facilmente infiammabile.
E’ il capostipite di una famiglia di composti organici definiti
aromatici per l’odore caratteristico ed è un componente naturale del petrolio
(1 – 5% in volume) e dei suoi derivati di raffinazione. In atmosfera la
sorgente più rilevante di benzene (oltre l’80%) è rappresentata dal traffico
veicolare, principalmente dai gas di scarico dei veicoli alimentati a benzina dal
momento che viene utilizzato ( miscelato ad altri idrocarburi quali toluene,
xilene ecc.) come antidetonante in questo tipo di carburante.
In parte proviene anche dalle emissioni che si verificano nei
cicli di raffinazione, stoccaggio e distribuzione delle benzine; a tal
proposito va segnalato che durante il rifornimento di carburante dei veicoli si
liberano nell’aria quantità significative della sostanza con esposizione a
rischio del personale addetto ai distributori Il prodotto è presente nelle
benzine di produzione nazionale fino ad un tenore massimo dell’1% in volume
(Legge 413/97), ma va considerato che in parte si forma anche durante la
combustione, a partire in particolare da altri idrocarburi aromatici.
E’ una molecola stabile e relativamente inerte e non ha un ruolo
significativo nei processi di inquinamento secondario.
Tra i vari elementi presenti in atmosfera, questo idrocarburo
rappresenta probabilmente uno di quelli a più elevato rischio sanitario.
Esso viene infatti classificato come cancerogeno di categoria 1,
R45 dalla C.E., nel Gruppo 1 (sostanze per le quali esiste una accertata
evidenza in relazione all’induzione di tumori nell’uomo) dalla International
Agency for Research on Cancer (I.A.R.C) che lo definisce probabile ed
importante causa nell’uomo di leucemia mielogena acuta e forse anche di
leucemia di altro tipo ed anche l’Associazione Americana degli Igienisti
Industriali lo riconosce cancerogeno accertato per l’uomo.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità e U.S. Environmental
Protection Agency hanno rispettivamente stimato in 4 e 10 casi aggiuntivi di
leucemia per milione di persone, il rischio massimo aggiuntivo derivante
dall’esposizione, protratta per tutta la vita, a concentrazioni di benzene pari
a 1µg/ m3. Ai sensi della vigente normativa (D.M. 60/2002), il valore limite per la protezione della
salute umana è fissato, fino al 31 dicembre 2005, in 10µg/ m3, (valore medio
annuo) e a partire da quella data sono previste successive e progressive
riduzioni annuali per raggiungere, al 1 gennaio 2010, il valore limite di 5 µg/
m3.
Il toluene
Il toluene è
un idrocarburo aromatico; viene usato come solvente in sostituzione del più
tossico benzene,
cui somiglia sotto molti aspetti. È anche contenuto nella benzina.
Il toluene è principalmente usato come sostituto del benzene sia come reattivo
che come solvente. Come tale viene impiegato per sciogliere resine, grassi,
oli, vernici, colle, coloranti e molti altri composti. Può essere contenuto
nella benzina fino al 5% in funzione antidetonante,
ossia per aumentare il numero di ottano;.
l toluene è classificato come sostanza nociva e facilmente infiammabile; è
tuttavia meno tossico del benzene e non ha effetti mutageni. Non esistono limiti di legge per il Toulene
Le polveri
sottili (PM10)
Definizione
e fonti principale
Il particolato atmosferico è costituito da
minuscole particelle, solide o liquide, che si trovano sospese in aria. Le
particelle di diametro superiore ai 100 micron (millesimi di millimetro) in
condizioni normali si depositano rapidamente, mentre particelle più piccole
possono rimanere sospese in aria per molti giorni. Poiché le dimensioni del
particolato sono molto importanti per gli impatti sull’ambiente e sulla salute,
esso viene distinto in polveri sottili (PM10; hanno diametro aerologico
inferiore ai 10 micron) , in polveri fini (PM2.5; hanno diametro aerologico
inferiore ai 2.5 micron) e ultrafini (PM1) o nanopolveri.
Il particolato atmosferico ha moltissime sorgenti, che vanno dalle attività produttive, alla combustione industriale e domestica passando per i trasporti e per le fonti naturali (e.g., sollevamento di sabbie e sale marino). Una parte rilevante di polveri, inoltre, si forma direttamente in atmosfera a seguito di complesse reazioni chimiche che coinvolgono gli ossidi di azoto, di zolfo, l’ammoniaca e numerosi composti organici volatili.
Il particolato atmosferico ha moltissime sorgenti, che vanno dalle attività produttive, alla combustione industriale e domestica passando per i trasporti e per le fonti naturali (e.g., sollevamento di sabbie e sale marino). Una parte rilevante di polveri, inoltre, si forma direttamente in atmosfera a seguito di complesse reazioni chimiche che coinvolgono gli ossidi di azoto, di zolfo, l’ammoniaca e numerosi composti organici volatili.
Effetti
sulla salute
Il particolato atmosferico, proprio a
seguito delle ridotte dimensioni, penetra agevolmente nel sistema respiratorio
umano e, nel caso del particolato più fine, passando attraverso i polmoni
penetra anche nel sistema cardiocircolatorio.
Le polveri possono pertanto agire sulla salute sia direttamente, mediante un’azione irritante ed infiammatoria, sia tramite come vettori di sostanze nocive che su di esse si depositano.
Le polveri possono pertanto agire sulla salute sia direttamente, mediante un’azione irritante ed infiammatoria, sia tramite come vettori di sostanze nocive che su di esse si depositano.
I valori
di riferimento
Per il particolato atmosferico, la normativa italiana ed europea
individua tre livelli di riferimento a tutela della salute umana, i quali non
andrebbero mai superati. Questi livelli sono:
* media
annuale del PM10 di 40 µg/m3
* 35
giorni all’anno con media giornaliera di PM10 superiore 50 µg/m3
* media
annuale del PM2.5 di 25 µg/m3 (a partire dal 2020 questo valore dovrebbe
ridursi a 20 µg/m3)
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