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sabato 26 gennaio 2019

Acqua pubblica: a che punto siamo?

Il 23 gennaio scorso si è votato per eleggere 10 consiglieri del distretto Sarnese-Vesuviano. Ma facciamo un passo indietro. Perché e quanti sono i rappresentanti del nostro distretto all’interno dell’Ente Idrico Campano (EIC)? I 76 comuni del distretto compreso tra Sarno e il Vesuvio (parliamo di 1 milione e 400mila cittadini), eleggono 30 membri secondo la L.R. 15/2015 (ce la ricordiamo bene...) 
Alla fine dello scorso anno, tuttavia, i membri del distretto, già in numero ridotto, diventavano 20 per effetto delle dimissioni di Giorgio Zinno (sindaco del comune di S. Giorgio) e Giuliana Di Fiore (assessore al comune di Ercolano) con la conseguente sospensione a tempo indeterminato di ogni attività del distretto. Tutto era stato studiato per impedire che venisse eletto Manlio Torquato, sindaco di Nocera Inferiore, indicato dai sindaci della “Rete Comuni per l’acqua pubblica” come nuovo coordinatore del distretto. Ma si sono fatti male i conti! Nove sono gli amministratori presenti nell’assemblea che si sono schierati dal primo momento a favore della ripubblicizzazione del servizio idrico e la messa in liquidazione di Gori SpA: Massimo Pelliccia (Casalnuovo di Napoli), Manlio Torquato (Nocera Inferiore), Bernardo Califano (Pagani), Roberto Falcone (Angri), Raffaele De Simone (Roccarainola), Francesco Gioia (Fisciano), Vincenzo Fiengo (Cercola), Edoardo Serpico (Scisciano). 
A Dicembre i comitati per l’acqua pubblica, con in prima fila padre Zanotelli, protestarono presso la sede dell’EIC, occupandone simbolicamente gli uffici della direzione generale. Il Direttore Generale, Vincenzo Belgiorno, accolse la proposta di integrare i membri mancanti con elezioni suppletive per la nomina dei decaduti o dimissionari. Il 23 gennaio si è votato ma come si sono schierati i comuni? Ovviamente non esiste più una divisione della vecchia destra e sinistra che sembra attuale come le fazioni dei guelfi e i ghibellini ma tra chi è contro la Gori e chi invece tenta il suo salvataggio (le perdite della Gori sono arrivate oramai a 300 milioni). Ma quanto pesano sui cittadini queste perdite? Se si analizzano le bollette pagate nel nostro distretto tutto diventa più chiaro: un consumo stimato di di 192 mc per famiglia, costa in media 310 euro nei nostri 76 comuni a gestione Gori; 160 nel distretto di Napoli gestito da Abc; 150 a Torino; 120 a Roma (sebbene ci sia l’Acea, che controlla la stessa Gori) e soli 42 a Milano. E quali sono gli utili delle multiutility come Acea, Hera, Irene, A2a? Dal 2010 al 2016 i loro ricavi sono passati dal 17% al 24%!!
Come è finita la votazione? Il PD di Mario Casillo e Armando Cesaro di Forza Italia sono perfettamente in sintonia su chi votare e su quali candidati selezionare per la lista. Ma non è una vittoria scontata quella del “nazareno” Campano. Solo 6 sono gli eletti della lista PD-Forza Italia: Giovanni Palomba sindaco di Torre del Greco; Gaetano Cimmino sindaco di Castellammare; Emiliano Calise consigliere comunale di Portici; Antonio Sannino appoggiato dal sindaco di Ercolano; Luigi Velotta consigliere di San Giorgio a Crem. e Felice Rainone di Nola.
Ma nolani sono anche i "nostri", Gianluca Napolitano e Giuseppe Grauso (per la prima volta in Italia rappresentanti dei comitati civici per l’acqua entrano negli organi di controllo della gestione idrica integrata) eletti insieme al sindaco di Somma Vesuviana, Salvatore Di Sarno e al consigliere di Mercato S. Severino, Rosario Bisogno. Decr. 2/2019 verb. oper. elett.
Ma il M5S è sempre favorevole alla gestione totalmente pubblica dell’acqua? Lo è. La legge che non consentirà più ai privati di trarre guadagni dalla gestione del bene più prezioso è vicina. 
E’ ingannevole l’affermazione che l’acqua è pubblica se il comune possiede delle quote della società che gestisce il servizio idrico perché ogni società anche a partecipazione pubblica ha come fine ultimo il guadagno ancor più se quotata in borsa. 
La “legge Daga”, come si chiamerà la nostra proposta per eliminare anche quella parte che consente ai privati di esercitare guadagni sull’acqua pubblica (attualmente il 30% in Italia) costerà solo 2 miliardi di soldi pubblici per garantire il fabbisogno minimo procapite, 5 miliardi saranno necessari per gli investimenti sulla rete per raggiungere gli standard medi europei e 8 miliardi per il rimborso alle multiutility, per gli investimenti che hanno sostenuto ma a patto che il core business non sia più l’acqua del nostro rubinetto.

La storia della gestione pubblica dell'acqua è la rappresentazione più evidente della vecchia politica che sta morendo ma non vuole, di come si fa fatica a scalzarla ma oggi i cittadini ammettono che ci sia un problema e questo è già un buon punto per superarlo. Si rassegnino, non si tornerà più indietro.

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